rìfpos’io, che l’oro, quefta predio fi foitanza, per
cui fi fanno, e fi foffrono si grandi cofe dagli uomini,
e di cui tanto più crefce ne’ tioitri petti la
farne, quanto più Cembri, che dovette eterne
fczia,e che i diatninri fteffij la più brillante Opera
della Natura, benché pefanti oltremodo e
gravi, motta materia in fe contengano? Strano
vi parrebbe il dirvi, quanto poca realmente ella
fu, attefa!a vaftità del vano, che v’à fra mezzo,
c che perfettamente pieno all’ingannato noflro
occhio ratembra. La materia, che un pezzo di
vetro rifpctto alla fu a mole in fe racchiude, non
è che un.granel di arena rifpctto al Globo Terraqueo. Egli è maravigliofo quanto poco di folido
vi ha ani Monda, e di quanto pochi materiali,
per cosà dire, egli.ila fabbricato. Voi temerete
per avventura di camminar falla bambagia, Tene
rifapefte il vero, e di fchiacciarlo fot co a vollri
piedi, roller pure. così leggieri, come quelli della
veloce Camilla, o di quella moderna Salratrice,
le cui tracce gli alati Amari duran fatica a feguire,
e a cui ZeiHro amorofo non può involare un
bacio, che quando riftà di danzare. Ora quantunque
oltre a ciò, che immaginar fi polla, rara
fisgafi la materia de’ Cieli, la luce però, la quale
malgrado la fmifurata fua velocità impiega fei
anni di tempo fecondo gli ultimi calcoli a venir
dalle itelle a noi, eiìinguerli affitto dovrebbe
per le tante riflclfiont, e rifrazioni, che a foffrir
uria collreua in queit’immenfo tragitto; ficcoroc
una numerofa, c florida Armata in una lunghiflìma
marcia s perir dovrebbe e disfarfi da se