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Dialogo Sesto. | 291 |
mezzo denfo in un raro, e che la ripulfiva Io è, quando per io contrario la luce palla da un raro in un denfo. Neil’un caio, e nell’altro, poiché la forza attrattiva, e ri pulii va fi propagano a qualche diitan/a da’ corpi, la luce è riflettuta, e (Fendo tuttavia lontana dal corpo che la riflette, cosi come qualor comincia a rifrangerà, è tuttavia dal refi-ingente mezzo alcun poco lontana, nella guifa che" lo è pure dall’eftremità de* corpi, allorché pattando loro vicino, è dal diritto cammin fuo nella diffrazione diflolta, ed incurvata. Per la qual cofa le parti folìde, e la fpiegazione del Descartes, anno nella riflcffione a far meno che giammai.
Il povero Defcartes, continuò ella, e bene attaccato fin nell’ultime lue trincee. E non gli manca altro, fe non che gli fi neghi ancora, che ficco tri e la luce non è riflettuta dalle parti folide, cosi ella non Ila trami ella da* pori de’ corpi, e poi fe ne pctrà tornare a cafa Amile a quel momentaneo Al diandro del Nord, che dopo le più rapide e ftrepirofe conquille, perdette in fine il fiore de’ fuoi mede li mi flati. E’ gli fi nega almeno, rifpos’io, acciocché in fine gli fia negato ogni cofa, e poffa, quand’e’ vuole, tornarfene a cafa, che la quantità, o la grandezza de’ pori ne* corpi, contribuìfea alla loro trafparenza. Si prova al contrario, che fe i pori d’un corpo fi riempiano come que’ della carta, con acqua, o con oglio, ella divien trafparente di opaca, ch’ella era,. laddove fe fi moltiplicano in un corpo i pori, come nel vetro, qualor fi riduce iti polvere, egli divie-