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286 | Dialogo Sesto. |
delia vira umana, quella verità non fi marufeftaniente meno, che ne 1 fenomeni della Fi fica, e della Galanteria. La mede fi ma fere dì lafciar dopo fe un voto nome, e di vivere idealmente nelle bocche della Pofterità, incendia in Afia il Tempio d’Efefo, e precipita in Italia un Romano, e il fuo Cavallo nella voragine aperta in mezzo al Foro. Di un Curzio ella fa un Eroe, e di un Eioftrato un’incendiario. Alcune cofe che ponno parere al volgo, e al volgo Filolofico ancora, le più manifeste contradizioni nel medefimo uomo, che perciò alcuni, come già altri il Regolator dell’Univerfo finfcr doppio, talché volciTe l’uno ciò che l’altro riifvolea, non fon* elleno le neceflarie confeguenze della ftelfa paiTione, e degli fteflì moti? La mede lima caufa che fa, che i corpi uni venalmente fi attraggano, può fare, che in alcune circoftanze li di (caccino. Si trovano Analogie tra queire due forze, che fono di un grandilTimo pefo per conchiudere, ch’elle non fotte in fomma, che la fteila forza a che pretta differentieffetti.
Generalmente dove la forza attrattiva è pìcciola, ivi pure è picciola la ripulfiva 7 dove l’uni è grande, ivi pure grande è l’altra. La rifrazione, che dipende dall’una di quefte due forze, e la rifleffion dall’altra, fi fanno tutte c due, dove avvi una fupeifìeie, che fepari due corpi in denfità differenti; poiché fino a tanto che t raggi per lo medefimo mezzo feorrono, né in un’altro di denfnà differente s’incontrano, nè fi riflettono, uè fi rifrangono. I raggi più rifrangibili sono più