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Dialogo Sesto. 285

que ci guidi la Verità. Voi riguardate, ripigliai io, e con ragione, come un’Enigma della Fiiica, che i mede-fimi corpi debbano attraerh, e diicacci at-fi. Ma l’Enigma non farebbe egli maggiore, £c io fi diceffi, che quelle due così contrarie forze l’attrattiva, e la ripuliva fono della medeùma natura, e ch’ella non è in fomma che la medeiima forza, che fi mani fella di veramente, e m varie circoftanze? Voi chiamate, difs’ella ’mezzo forridendo, la forza ripulfiva, la medefima che l’attrattiva? L’una fa tutto il contrario dell’altra, quefta attrae, e quella difeaccia. Sono eglino quelli gli alti, e i fublimi Mifteri della Filofofia, di cui appena che mi facette degna, e per li quali bi fognava tanto apparato? Non fi nd liceo" eglino all’arrogo, e all’alletto del Medico di Molière, che è la mede lima cola? Ah Ah, faggiuns’io, voi vi burlate delle cofe più facre della Fifica, e delle quali non vedete ancora l’ufo. Quanto dì profano vi refh ancora! Ma voi ne farete ben p re Ilo punita. Ricordatevi della condufione, che deducete pur poco fa voi medefima intorno a quella ftefla attrazione, di cui eravate così fchiva. La Dime per altro dovrebbeno maravigliarfì meno di qualunque altro, come una me de lima cola produr polla contrarj effetti Unaiomma ritenutezza,e una mamfefia parzialità verfo alcuno, non vengon’elleno molte volte dal medclimo principio, e non fann’elleno conchiuder loftello a’Conofcitori? Il Sole indura, e ammollifee fecondo le diverfe circoftanze, nelle quali e/e reità il fuo calore. Nelle azioni più strepitose