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Dialogo Sesto. | 279 |
del Sud furono corretti di pattar Hnveroo m un Ifóla di pochiffimo più Settentrionale di Londra. Ogni cofa era ghiaccio, la cafa, che fi fabbricarono, il mare, la loro nave, etti fteffi fembravan pezzi di ghiaccio. Il vino il più fpintofo bifoenava tagliarlo coli’ accetta, e la rifrazione era così forte, che ofiervarono nafeer la Luna in una lunehiffima ovale fchiacciata, e il Sole talora all’Onzonre due volte più largo, che lungo. L aria era talvolta così pura nel cuore di quel pigro e crudo inverno, che feoprivan nel Cielo due terzi più di ftelle, che veder non fi fuole, e la via Lattea appariva man ifeftam ente ad occhio nudo efferne un formicajo; talché in queiPaefi, ne im Democrito faria Irato meftieri ad indovinarlo tra i fogni dell’antica Filofofia, nè un Galileo dopoi a verificarlo col foccorfo del cannocchiale.
Da molte efpericnze fatte in Inghilterra fi vede chiaramente che la forza ri fratti va nell’aria, crefee a mifura della denfità fua; il che è vero anche negli altri mezzi che rifrangon la luce, cosi però, che patifee talvolta qualche eccezione. L’aria, l’acqua, e il vetro fieguono fenfibilmente quella proporzione, ma i liquori che anno dell’oleofo, del fuìfureo,che fono infiammabili, anno maggior forza rifrattiva de’ liquori di altra natura, benché di denfità maggiore. L’oglio benché oxen denfo dell’acqua, come quello che le galleggia fopra, a però maggior forza nel rifranger la luce. Ohimè! m’inrerrupp’ella,io fon nemica delle eccezioni, e i ma nel diicorfo mi fon mortali.