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Dialogo Sesto. 277

fi dierro alla fuperficie del vetro, dacui ella efce, o pur dell’aria, iti cui ella entra, e che combacia immediatamente il vetro medefimo. Vot vedete, come felicemente coli’ attrazione il (pieghi un fenomeno, per ifpiegare il quale, il Descartes e irato obbligato di fupporre la luce pm facilita avere di palfar per li mezzi denfi, che per li rari; che vuol dire ciò, che a tutti gli altri corpi refifte più, dovere a lei in grazia di qual privilegio, io non sò, refiiter meno. Egli è mirabile, come fi deduca geometricamente da quefta legazione, tutto ciò che rcfperienza dimoltra fuo cedere nelle rifrazioni.

Per me, ripigliò ella, che non polio entrare nel Santuario’ della Geometria, una bella prova mi pare, che dovendo la forza attrattiva ciTer maggiore, dove maggiore è la denfiià del mezzo, ivi pure maggiore effer trovifi la rifrazione. Gli Olandefi, rifpos’io l’àn trovata nella nova Zembla molto maggiore, che qui da noi. L’aria è oltremodo fredda, e conteguentemente denfa in quel paefe, foggiorno degli Ora bianchi, e di qualche miftrabile Europeo vittima dell’avarizia, o della curiofità della fua fpecie. Mercè quefra così grande rifrazione, eglino furono ricreati dopo una lunga aflenza della villa del Sole molti giorni prima, che la feienza della Gofmografia non avrebbe permeilo; e la denfità dell’aria che opprimer fuole e ratrrittar lo fpirito, fervi loro in quel foggiorno di tenebre, e di mi feria a rallegrar con una prematurata luce la fa mafia Egli è fperabile che il dotto Drapello, che