Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
272 | Dialogo Sesto. |
dì fortuna, nè l’elevazione fopra gli altri, efentar dovrebbono dall’o nervazione dell’univerfali leggi dell’Umanità.
Co teli a nollra Luna, continuai io,
- Che da neffuno ancora
Qjjervator fornata in Cìel vagava
De' numeri la legge, e il fren sdegnando.
si trova ora foggiogata dall’attrazione a’ calcoli i più minuti, e i più dilicati degli Agronomi. Le fu e irregolarità llelfe, i fuoi capricci, Ce è lecito il dirlo ridotti fono a certe regole e costanti. Le Comete nemiche dei Stilemi, e che Sdegnavano il freno de’ numeri un po’ più della Luna, fi fono affoggettate in fine a girare intorno al Sole in orbite molto più bislunghe bensì di quelle degli altri Pianeti, ma nelle quali o {fervano affatto le medefime leggi. Si fono afsegnate ad alcune di efise fecondo ofservaztoni fatte al loro apparire le orbite ch’elle doveau percorrere in quello Siflema, e le anno realmente percorfe, quali colla medefima pontualità deli altri Pianeti. Non. ottante l’imperfezione dell’of&ervazioai, che gli Antichi ce ne in lafciato, fi è ardito di predirne il ritorno di alcuna, così come fi fa dell’Ecclifi. E qual cofa non autorizzerebbe quello Si ile ma? Un Tiziano potea ben vedere da un abbozzo qual’effetto dove fse fare un quadro. La profezia di quell’Antico, che vedea già fin dal fuo tempo la Pofterità, calcolare i periodi, e predire i ritorni di quefti corpi, monumenti eterni dell'