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Dialogo Sesto. 271

adurwùc, ditte Ut Marchefa, dopo tante fpefculaziom per provare L’immobilità del Sole, ridotti di bel novo a farlo muovere. Non era egli medio, fogaiwife con un certo fornfo, attenerli alla bella prima all’opinion comune fenza tanto romperli il capo? E non fate voi come coloro, che dopo aver impiegato la ragione per impagliarli de’ popolari pregiudizi, àn poi bifogno della mcdefima ragione per LiveiVìrfene, fe viver vogliono tsa gli uomini?

Il noitro cafu è ben diverfo, replicai io. bi trattava allora di dare al Soie un moto, per cui girando intorno alla Terra, egli percorrente quali che un milione, e mezzo di miglia il giorno. Ora Fa Terra continua a girare ella fteffa intorno al Sole, ed egli altro non fa che accollarli, o colarli alcun poco, or per un verfo, ed or per l altro dal centro comune dututto il Stilema. Quefto moto è nel!’ Aftronomia infenfibile, e non e, dirò cosi, che una finezza Matematica, che io non credea dovervi tenere afeofa. Quando 1 Pianeti tutti follerò dalla medelìma parte, voi vedete, che le forze loro collegate tutte ™iieme dovrebbono agire fopra li Sole il più che poffibil mai folle per ruraroelo a fe dal. centro del Siltema allontanandolo. Elle però non ne lo ritrarre bbono atte fa l’enormità della fu a mole, che d’un folo de* fuoi diametri. lo convengo, difs’ella, volentieri del torro, che à avuto. Il Sole che non ottante la waftrtà Aia, ubbidifce però anch’egli alla general forza della gravità, fervir potria d’eiempio a* gran Re, cui nè l’ampiezza