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270 | Dialogo Sesto. |
per tutto, e la, circonferenza in nelTun luogo? La difficoltà che voi avete tnoffo, le non avemrna mille altre ragioni % che a ciò c’inclinano condurrebbe a moltiplicare il numero delle ilei-’ le all’infinito.
Io mì perdo, ditte la Marchefa, in tanta ìafìnità di Soli, e di Sifiemi. Planetari; torniamo di grazia al noftro.. Fsfoi. abbia m £ià per le miniiin Siftema, che può variarcelo all’infinito, Te dell’infinito folli ni vaghi. E’ un Siile ma che ci predice,foggiuns’io, ciò che è più matavigliofo ancora, e ci rende ragione. per fino de" più piccioli {concerti, che vi debbono avvenire. Di qua! fu* blime Geometria non era duopo per trovare, porta l’attrazione, e la fu a legge, quale ilrada tener dovettero negli ampj fpazj del Cielo i Pianeti, e di quanto più fu blime ancora non era meftieri per prevedere di quantq:; p’tccifomente deviarne talor doveiTero nella colli ruz iòne del prefente Siftema? La vaftità dell’oggetto, difficili rende le tegole generali, e la dilicatezza delle differenze, più difficili rende ancora l’eccezioni.
Il Sole che riputato immobile colà nel centro, del fiitema fi credea privilegiato, e immune da qualunque irregolarità, vi è fogge tto anch’eglL Poiché l’attrazione tra i corpi è fempre fcambievole, e a qualunque caufa rifponder dee un’effetto all’attività fua proporzionato, i Pianeti, c il Sole vicendevolmente attraendo, egli dee rifentirne la forza, tal che a parlar eoli’ ultimo rigore e’ cangia continuamente di fico fecondo la varia fituazione d’elio loro rifpecco a lui. Eccoci