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264 | Dialogo Sesto. |
lazion delle acque, e poiché il loro corfo è interrotto dalle colie della Terra, dagli tiretti, dalL’jjo.le, e da umili altre caufe, vi à nelle maree’ alcune irregolarità, non così però che ogni venricinque ore, che è a un di predo il tempo dalla Luna impiegato a tornare al Meridiano, non fi veggano due volte full’argenteoTamigi rimontar colla marea le navi fino alla popolofa Londra cariche delle ricchezze dell’Un iverfo { le vele, e le fiammole fi mcfeolano agli alberi, ed alle cafe) e due volte difeendere per andarnele a cercare. E di quefto vanraggio che nel Siftema del Dio delChapelIe eia una punizione godono, come io vi ditti, tutti i fiumi che metton nell’Oceano.
I nostri del Mediterraneo, ripigliò ella a dire, non avrebbon’eglino difguftato la Luna per non goderne anch’e Hi? Anno eglino forfè fatto in verfo ad effa ciò, che la Garonna fece in verfo il Dio del Mare? La bocca, rifpos’io, per cui il Mediterraneo comunica coli’ Oceano, è troppo picciola per un così gran mare, ed è difavvantaggiofamente polla, come quella, che guarda l’Occidente per ricever la gran marea dell’Oceano, che fiegue la Luna da Oriente in Occidente. D’altra parte quella,che fi forma nel Mediterraneo fteffo, è troppo interrotta da una infinità d’Ifole, di cotte, e di irretii perchè ila confiderai le. Nell’Adriatico, ella è più che in altro luogo fenfibile a cagion della fua nlVettezza, non & altrimenti che il moto d’un fiume fi fa più fcorgere,e più rapido ofiervafi,rirtrettoche iiatra gli archi d’un ponte. Nella bella Città fondata da-