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260 Dialogo Sesto.

malgrado quella pompo fa deferi zio ne non è che inferifibile.

Non così gli effetti dell’attrazion della Luna fopra quella vaila mafia d’acqua, che tu polla pel principio d’ogni cola da qualche && fofofo, che congiunge..per la facilità é&ììf navigazione, i più font ani»paefi, che ci rrafporta da un" altro Mondo i bai fami e gli aromi, e ci con. dilce Le faporite e lunghe cene d’Europa. Egli pare, dille la Marchefa, che voi fentiate affai vivamente tutte le obbligazioni che abbiamo all’Oceano, e a’ comodi, ch’egli ci procura Mi il Filofofo non fi è egli feordato a cena, dell attrazion della Luna? Non mi feordo io già, rifpos io, così facilmente d’una delle grandi obbligazioni, che gli abbiamo, benché Q pretenda che egli c abbia recato in Europa un nuovo male, da cui laVenere di Catullo, e di Petronio era ìllefa. Egle ci fa manifeftamente veder gli effetti di quella attrazione dominante in tutta la Natura. Il tiuiio, e rifluito dell’Oceano, fenomeno che fu prefò dal Grande Alefsandro nel più pulito fecole* delia Grecia per un’indizio dellira celeite contro di Ui, e che era poco conofeimo da’ Romani nelL aureo tempo di Cefate, è una confeguenza dell attrazione che la Luna efercita fopra U parte lìuida, e cedente del nollro Globo. Il Chapelle nel fuo famofo Viaggio modello della piacevolezza, e della urbanità, credette chemon vi volefse meno che un Dio acquatico, che vuol dire un Uio óc. nuftiere per penetrarne la cagiona. Que to Uio eli dice nel più piacevole linguaggio degllU>et» the allorché Nettuno fu tatto Signor del Mare,

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