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Dialogo Sesto. 257

la sola Filofofia rift retta non fosse) è ferapre uguale alla riazione. Voi non potete premere col dito quello Tavolino, ch’egli non ne li* dal Tavolino egualmente ripremuto indietro. Cosi pure fe fopra l’acqua galleggiar fi fanno m due condolette di fugherò un pezzo di calamita, ed un di ferro, l’uno all’altro vicini, non meno corre il ferro vcrio la calamita, che la calamita verfo il ferro, e fe all’uno, o all’altro fi fa ritegno, quello de’ due, che non è ritenuto, fi lancia verfo l’altro; il che non feguirebbe, fe tanto il ferro non attraeffe la calamita, quanto la calamita Éfefffà attrae il ferro, in fomma -fe vieendevol non foffe tra di efTo loro l’attrazione.

Io veggo, diffe la Marchefa, dove la cofa vk a finire. Il Sole attrae a fe i Pianeti, dunque anco i Pianeti attraggono il Sole. I fecondar] fi attraggono pure l’un l’altro, fono attratti ognuno dal Sole, e ognuno parimenti lo attrae. Quella grande moltiplicità,e quefto Caos, per così dire, di attrazioni, non imbarazza egli, come me, così pure il Stilema? Egli fuccede, rifpos’io, come nella nuova Geometria, di cui io vi parlai l’altro giorno, nella quale tutti qucgl’infiniti ordini d’infinitamente piccioli in luogo d’imbarazzarla, non fanno, che a maggior perfezione e fottigliczza condurla. Quella attrazione per l’Umverfo, e per tutte le lue parti fcambievolmente dìffufa, i vaghi Pianeti nell’orbite loro ritiene, i corpi tutti, la n olirà Terra, e noi medefimi con inviabili, ma forti nodi flange inlieme e collega, ogni moto regola ed. attempera, talché si