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14 Dialogo Primo.

non men che a quella d’una di queste vostre stoffe migliaja di viventi e di mani concorrer debbono! Laddove quella loro, in cui il nome di Aristotele di ragion serviva, non disturbava gran fatto la Monastica quiete. Questo Filosofo cacciato già da Atene dagli antichi Sacerdoti, fu di buona voglia adunque, con qualche varietà però di fortuna, accolto da’ nostri, che se talora come pernicioso Autore il condannarono, giunsero però altre volte per fino a crederlo non ignaro di cose, a cui non è lecito all’umana ragion di poggiare. S’innestò allora più che mai colla Religion la Filosofia; la qual cosa (poichè la loro indole, e il loro fine differentissimi sono) non potè produrre che somma confusion nell’una, ed ignoranza nell’altra.

Un Caos di vane quistioni, ed inutili, una filza di inintelligibili definizioni, un cieco ardor per la contesa, ed una più cieca divozione verso Aristotele, che assolutamente il Filosofo, o una seconda Natura chiamavano, e sopra tutto un certo linguaggio di termini vaghi, oscuri, e difficili a proferirsi, o voti d’idee, o pieni di confusione, inondò a guisa di sterminatore diluvio la faccia della Terra, ed usurpò per molti secoli il fastoso nome di Scienza; così che siccome tra i Cinesi è stimato più dotto colui, che sa leggere, e scrivere più parole, o cifere degli altri: così tra noi era stimato più dotto chi sendo vestito d’un certo abito, sapea proferire in certi luoghi, e con certi gesti, e mostrava d’intendere un maggior numero di termini di quel loro vano e pedantes-