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246 | Dialogo Sesto. |
bole a mi fura, che la diftanza ne è maggiore. Quefto vi faprò pur dire, rifpofe la M are he fa, quando vogliate darmi unto, quanto già mi avete dato per dirvi, che i Pianeti fono attirati dal Sole, e vi piaccia poi, come fatto avete, cortefemenre comentarmi.
Quella legge, continuai io, che ofiervano ciafeun Pianeta in particolare di deferiver le aree proporzionali a’ tempi, à dato al Signor Newton di che feoprire la forza attrattiva nel Sole, e quell’altra legge, che o {fervano di de feri vere le loro orbite in maggior tempo a mi fura, che fon più lontani dal Sole, e ciò con un certo rapporto tra quefti tempi, e loro diìtanze; g!i a" fatto feoprire, che la forza attrattiva fi va fempre diminuendo lungi dal Sole con una certa tal proporzione, ch’ella fia tanto minore quanto maggiore è il quadrato del numero, ell’efprime la diftanza del Sole med efimo. Per intendere quefta citerà, che potrebbe a tutta prima fpaventarvi, convien fapere, che il quadrato d’un numero altro non è, che il medelimo numero moltiplicato per fe fteifo, come il quattro è il quadrar o óeldue, perchè due via due fa quattro, cioè due moltiplicato per fe mede fimo dà quattro. Io dunque VI darò un Problema da fcioglieie così fu’ due piedi, acciocché fe i feorfi giorni fpiegavate i fenomeni della Fifica, oggi polliate feiorre i problemi della Matematica, dopo di che io non veggo quaf altra cofa polfiate far di migliore, che ufar qualche gratitudine, e dir tal volta il vero, a "chi v’à inoltrato cotcfti aftrufi, e riporti fent ieri della Verità.