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Dialogo Sesto. | 243 |
varie distanze di lui colla rapidità de’ Pianeti che vi nuotan per entro. Il loro moto farebbe fiato talmente infievolito, che girando tutte pel inedefimo verfa, per cui li Pianeti, ubbidito avrebbono in picciol tempo all’irrefiitibiE forzadel vortice; non meno che le infelici barche per quanto vi lottin contro, cui maligna ftella, o Nocchiero incauto a naufragar conduce colà ne’ fpaventofi gorghi de’ fiumi Cinefi. In foni ma non v’à cofa cobi direttamente contraria alle leggi de’ vortici, ch’effe non abbian fatto; talché per liberarli dalle continue ingiurie, ch’elfi van ricevendo da quelle Comete, che vi vengono di quando in quando a commettere ogni forte di oflilità e d’impertinenza, rimedio altro non veggo, che diftruggerli una volta per ferri pre, e toglierli dal Mondo. 11 volito ripiego, dille la Marc he fa, non è men violento di quello, che talora prenddi alla Guerra, in cui ove un paefe contro il nimico a difender non vaglialo, di rumarlo fi avvifano, e di diilruggerlo: e per tal modo alla debolezza loro facrificano ciò, che voi facrificate per altro alla forza del Vero. Per la qual cofa e* non può per niun conto difpiacermi, tanto più ch’egli mi pone in illato di più tranquillamente udire il nuovo principio, fu cui è fondato il Siile ma Celeste.
Il Signor Newton, continuai io, prendendo il fuo volo dalla Geometria, ch’è quanto dire dal fu o Terrea nativo, incomincia dal dimoftrare, che fe un corpo, ch’è in moto, è attirato verfo un punto, ila egli mobile, o immobile; descri-