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Dialogo Sesto. 241

sto bel Poema il Cielo tutto insieme.

A lui non piaccia, ripigliò ella, che oliamo abbracciare un partito al celeffe contrario. Io non polfo d’ai era parte accomodarmi all’idea d’un Poema in Filofofia. Che cos’è quella Potila Filo fo fica, a cui io non fo dare un luogo nel mio fpirito? FJla fi dee contentar di entrare dov’entrano le pafiìoni degli uomini, come uomini; ma dov’entra la paflìon degli uomini, come Filofofì, che è la Verità, ella non dee avervi che fare.

Il Newtronianismo, rispos’io, vi à inspirato fentimenti bene autieri, Ma per liberarvi da quella Poefia, che troppo angufto a fe medefima crede il vafìo campo delle umane paffiani, io credo baftar le Comete i più dichiarati nemici, che abbiano i Vortici in Cielo, Elleno pajono fatte apporta per rovinar fittemi. Si era riabilito in virtù di che io non fo, ma in fine i Filofofì s’erano acchettati a credere, che nel Cielo ogni co fa ingenerabile, e incorruttibil folle, e nel medefimo fiore di durevol giovanezza permanente nulla de’ cangiamenti rifentiffe, e delle vicende di quaggiù, Vengono le Comete nude quafi da principio, e nell’accolrarfi che fanno al Sole, di fpavencofa coda fi rivestono, di cui pofeia, feoftandofene, fi fpoglian di mano in mano; talché fene ritornan quafi così nude, come vennero; ed ecco il bel fu/tema della incorruttibilità delle cofe cele fti me fio in gran pericolo da co teff e importtine. E queffa per avventura una fu delle ragioni, perchè dal celefte Ior feggio degradate follerò, e quaggiù polle nell’aria come una vile meteora