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Dialogo Sesto. 239

dopò ventiquattro ore tiratone un’altro. Quello fpazio, che è comprefo tra i due fili, che vanno ai Sole, e il pezzo di orbita, che il Pianeta a fcorfo nelle ventiquattro ore, è ciò che fi chiama urea, la quale farà eguale ad un’altra tale area, che fi formerà dopo altre ventiquattro ore; e in tal modo in tempi eguali le aree faranno Tempre eguali; in un tempo, che fotte la metà di un’altro, l’area pure farebbe la metà dell’area fcorfa nel primo tempo, e generalmente 11 dice le aree effere proporzionati a’ tempi; il che altro non vuol dire, che fecondo che un tempo farà la metà, il terzo, il quarto, il doppio di un primo tempo, che fi fia prefo ad arbitrio, come per efempio ventiquattro ore; le aree pure fcorfe in quelli tempi, faranno la metà, il terzo, il quarto, il doppio dell’area fcorfa neri primo tempo, Quello che fanno, i Pianeti prìmarj rifpetto al Sole, lo fanno i fe"condarj rifpetto al primario intorno a cui girano, che è verfo i fuoi Satelliti ciò, che verfo 1 Pianeti del primo rango è il Sole.

Mi piace, disse la Marchesa, quefia convenienza. che v’a tra quelte; flue fòrte di Pianeti, lo mi figurò il Sole come il Sovrano di quello immenfo Regno Planetario, di cui i Pianeti primari fono i Grandi ed i Baroni; alcuni de’ quali an de’ Feudi dove efercitano quella medelìma giurifdizìonc in picciolo, che il Sovrano efercica in grande, Tutti poi per dimoftrarne la dipendenza, girano unitamente intorno à lui. Alla noli ra Terra è toccato un picco! Feudo, in cui fi fa ubbidire dalla Luna; c le non può gareggiar con