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Dialogo Sesto 237

do, e vallo Saturno a ferrecento e Ottanta fette milióni di miglia; confervando rutti nel movimento loto quel naturale ordine, che 1 più vicini al Sole la loro rivoluzione ovvero orbita in minor tempo compirono, e i più lontani in maggiore; Mercurio in ottanitotto giorni, Venere in dugenio ventiquattro, e alcune ore, la Terra, come già Capete; in un’anno, Marte quali in due, Giove predò che in dodici, e Saturno in venti nove e mezzo in circa; e ciò con una tal dipendenza, o rapporto, -che vogliam dire tra la diltanza di tifi dal Sole, ed i tempi delle loro rivoluzioni, che nota che ne fìa la diftanza di due a cagion d’efempio della Terra, e di Giove, ed il tempo delia rivoluzione d’uno, come della Terra, che è un’anno, li può trovare con una certa regola il tempo della rivoluzione dell’altro.

Io’ non veggo l’ora, ditte la Marchesa, per meglio,e più tranquillamente guftar ciò, che mi dite, di aver letto la Pluralità de’ Mondi, che dee convincermi del moto, e dell’agilità, di quefta Terra. Ora, rifpos’io, che liete cotanto avanzati nella Filofofìa, vi converrà cercarne la vera dirne fi razione in Inghilterra. Si erano oiTervate nelle Stelle certe apparenze, che da alcuni Furono credute confeguenze di quello moto; ma da nitriche l’efaminaron meglio, benché difenfori follerò di elio, trovate furono del tutto contrarre a ciòcche le leggi d’un tal movimento avrebbon richiedo. Il moto della luce, che impiega un fempo confiderabilirTimo a venir dalle Stelle infina a noi, dee itranamente variarle, e dovea esser