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Dialogo Quinto. 217

rofletto porre per affiftere all’Opera, che per più bello di (è fiefle rendere il patteggio delie Tuillierie?

Voi conducete, difs’ella, il fìftema del Signor Newton in luoghi, dove avrefre a gran fatica condotto l’Autore. Con non molta, foggi uns’io, fe voi vi folte Hata. Il lume delle candele non è già così bianco come quello del giorno; egli trae al gialliccio, e guardato con un prifma, e’ fi vede il giallo edere il colore che più degli altri vi brilla. Quanto meno adunque il rofletto fia carico, che vuol dire quanto più egli rifletterà altri raggi oltre i rolli, tanto più del giallo risentir dovrafìi che in quel lume fovrabbonda; fica me. iu una itanza, in- cui entri il lume at trave rfo colorate cortine, tanto più gli oggetti che nella ftanza fono, del color delle cortine fi tingano, quanto men forre e carico è il loro. Ragion vuole perciò che del roiTerto fi carichi la dofe pe l’Opera, acciochè. le guancie delle Dame, e gli occhi de’ vagheggiatori non vi perdan nulla, e trovino al lume della fera il medeiimo conto, che ’a quel del giorno. Nel filtema Francefe una per altro così faggia precauzione farebbe inutile, poiché fe il roifetto può modificare il lume del giorno, può egualmente dodìfìcare quel della fera di qualunque colore egli fiali. Non è egli quella, di ite la Marchefa, fe mai anno ozio da rifapcrlo, una mortificazione per le Dame dì quel per. altro felice paefe, di non avere in cafa loro un iilrema, che ad ifpiegar vaglia del lor rofletto i lenomeni, e di. doverne perciò chiamare un fo-