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Dialogo Quinto. 215

zan dal mare, e dalla Terra, variamente ne dipinge il Cielo, allorché l’Aurora colle dita di rofe {chiudendo al mattino le porre, richiama i mortali all’opre, od Efpero cadente li configli» al rtpofo ed al piacere; benché egli malagevol fìa di rintracciar la cagione, per cui i colori al nafcere, & al cader del Solevano quali Tempre i mede fimi, e fi fu c cedano con certo ordine. Si fa pure che la differenza del colore degli occhi in varie perfone viene dalla differenza della tenitura dell’Iride, che è quella fafcia nell’occhio, che circonda la pupilla. La varietà delle fibre, ond’elia è tellina, accende in alcune l’irapcriofo fguardo d’un’occhio nero, e compone in altre d’un azzurro l’infidiofa placidezza. Ma egli è poi difficile di a (legnar la caufa collante, perchè le Nazioni Settentrionali generalmente abbiano colla bionda capigliatura gli occhi azzurri, o gtigj, e noi altri da un’immaginazione e di un clima più caldo gli abbiam neri come le noftre chiome. Ma da quello Interna nafce la fpiegazion di uri fenomeno, che è forfè inefplicabile in ogni altro, «ciò ci ricompenferà fe noi poffiamo particolarmente d’ogni cofa render ragione. Due liquori un rollo, ed un* azzurro, ciafeuno de’ quali è trafparenre, ce (fan d’effe do, fe fi traguarda artraverfo tutti e due. Quello fenomeno, cagione di tanta maraviglia a colui, che fu il primo ad oilervarlo, non è che una coufeguenza della dottrina Newtoniana. L’uno di effi trafmette i raggi rofTì, e l’altro gli azzurri, e non altri. I raggi adunque trafmefli dall’uno, faranno eltinti ed