Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/223


Dialogo Quinto. 211

fece fo pra Dio sà quante fperienze quafì nello ileflb tempo che in Francia il Sig. du Fay Padre di tanti Fosfori avea trovato i diamanti avere U mede fi ma proprietà. Qual fecca, e vota Filofofia, difie la Marchefa, dovea mai eifer quella degli Antichi, e quanto bella non è cotefta nollra, che colle fu e o Nervazioni accrefee perfino il pregio a’ diamanrì.

Accioche vediate ancor più, foggiuns’io t quanto gli Antichi aveller torto, e che non v’ì fperienza così poco importante nella Fifica, di cui non debba tenerfi conto, egli fu quella mede fi ma fchi urna, di cui parlammo poc’anzi, cost poco Filolofica agli occhi volgari» che fece principalmente indovinare al Sig. Newton qual fotte la cagione de’ varj, e quali infiniti colori, che veggiamo ne’ corpi. Bglì avea trovato in gene* rale, che certi corpi apparifeono di un certo colore, perchè riflettono una certa forra di raggi più abbondantemente degli altri, ed altri d’altro colore, perchè un’altra fona; talché fe la luce non confittene che di una fola fpecìe di raggi, non vi farebbe, che un folo colore nel Mondo, non potendo, nè la rifrazione, nè la rifleflìone produrne alcun di nuovo. Qucfta feoperta, che avrebbe forfè fodisfatto qualunque altro Filofofo, noni fece che folleticar la curiofità del noltro, e non fu per lui che un preludio ad infinite altre. Perchè quella ftoffa riflette ella più volentieri ì raggi azzurri, che qualunque altra fotta di raggi? Se una di quelle Bolle, che li formano fomando ncll* acqua ftata che sia un