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206 'Dialogo Quinto.

Iride. Tutti la fpiegazioae, ch’egli ne dà, è ] che ivi non v’abbia color nefluno, ma foìo l’apparenza d’un falfo colore firn ile a quello del collo d’una colomba, cheapparifce, e difparifceal muoverfi, e cangiar di fito, che l’occhio fa. Quella bella fpiegazione fa vedere abballarla quanto poco coniideraOero gli Antichi, e fcguiflero ne’ fuoi fentieri la Natura, poiché per poco, che Seneca lì avelie prelb la pena di efaminare il fuo prifma, avrebbe veduto la differenza, che v’era tra i colori da elfo prodotti, e quelli del collo d’una Colomba. Una forte di Microfcopio, di cui egli avea pur notizia, e di cui forfè doyeano fervirfi gli antichi Artefici per que’ loro co»i dilicati lavori delle pietre intagliate, e de’ Carnei, enigma, ed ammirazione de’ noitri tempi, quello Microfcopio dico fatto di una palla di vetro ripiena d’acqua non ebbe miglior fortuna nelle fue mani. Egli attribuiva l’ingrandimento degli oggetti attraverfo elfo guardati ad una qualità dell’acqua, non alla figura del vetro, da cui eli’ era contenuta. Il pefo dell’aria, e qualch’altra fua proprietà era nota agli Antichi, e per ripiegar poi come l’acqua attenda nelle trombe alpiranti, il che è cagionato da quello pefo, ricorrevano ad un certo ideale orrore, che la Natura, avea pel vacuo, talché più torto che lafciare il menomo fpazio voto, ella amava meglio di far afeender l’acqua violando le fue proprie leggi della gravità. E come una follia ne genera mille altre, quello così grande orrore la Natura l’aveva in quelle trombe fiuo ad una certa altezza,