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Dialogo Quarto. 175

in questo caso non si dovrebbono vedere, il che è affatto contrario alla sperienza; disgrazia che è per altro molto familiare a questo sistema.

Voi mi sembrate, disse la Marchesa, il giovane Bacco i Giganti atterrante, che detronar voleano gli Dei per metterli in luogo loro. L amSS nulla Leno g fece in coretto Au tor vede re che in qiifat prefontuofi figli della Terra *igur ev,?e P lic F ai io, un Autore nel fuo ordine Ser LI appaHìonato per dare il un altèrna ] quanto una Dama Franccfc efiere i poda per dare*U fuo ad una acconciatura. fette* loro |ft come quel)’ lmperador della Gina, chc brugiar fece tutti i libri di Stona, accioche dah ora in poi il fuo nome ne fotte la prima Epoca; cosi potettero eglino tutti i fittemi distruggere, acciocché poi l’ultimo loro foffe la prima Epoca della Scienza umana. Senza che quello del Signor Newton era forfè troppo Oltramontano pelare etter quello degl’Italiani. Gran ventura egli era fe un iìttema in Inghilterra nato non trovava predo alcuni aborrimento in coiella nottra vicinanza al Sole. In non vedo, difs’ella, quat avveriione contro un Iìttema infpirar polla 1 Inghilterra. In quanro a me, per quanto Italiana io mi tenga obbligata di eilere,mi pare, che ne men la Islanda, o la nuova Zembla batterebbe per ispirarmene contro uno, che ben rondato fatai Non occorre, riipos’io, che pretendiate di ritrovar voi tteila negli altri uomini. Vena alcuni, pie ilo a’ quali una fchiena di montagne, un mare, un fiume che fia tra effi, e una verità,