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Dialogo Quarto. 159

Fitofofo richiedevafi, e per la cui credenza fon neceffarj non lievi argomenti di o nervazioni, per le quali non pofTo diffimularvi la mia impazienza. Io che prima fono Hata Gartefiana, pofcia Maliebranchia, mi ritrovo ora per cagion di effe, fenza iìlteraa. Quello voto non mi può piacere, ed io ho fretta che altre offervazioni lo riempiano.

I danni ch’effe v’an fatto, rifpos’10, ve gti compenferan ben prefto, e abbondantemente. Così pur faceffe ogn’alrra cofa al Mondo, che ci fa male, il qual per dolce, che molte voice ha, e però tempre del rimedio men dolce. Figuratevi una ftanza dell’ofcurità vilìbile del Milton pm tenebrofa ancora, un luogo, fe volete, d’ogni luce muto, che dee per noi effere Teatro di ragionamenti, e di offervazioni. Per un foro fatto nella per altro chiufa di lui fineftra entri un raggio di Sole, in cui fia porto orizontalmente un prifma di vetro, che lo rifranga in modo, che laddove prima il raggio diretto batteva fui pavimento della ftanza, e vi dipingeva un’immagine dei Sole bianca, e quafi rotonda; ora rifratto batta Affla muraglia oppolta alla fineftra, coficche all’ufcir del prifma fia quafi anch’effo orizontale, e al pavimento della ftanza parallelo. Quella fpecie, o immagine del Sole, che il raggio rifrac co dipinge fuìla muraglia, è ben differente da quella, che il diretto raggio fui pavimento dipingeva; poiché laddove quella era quafi rotonda, c affatto bianca, quella è della figura appretto a poco d’una fifcia da giuoco molte volte più lunga, che larga, e variata tutta d’infiniti colon,