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Dialogo Quarto. 153

ma di tutte le Arti non à ella fatto in quello Secolo tanti progrefli per vìa della dilicata oiTervazione di ciò che più piace? La Bellezza trteflà > il più preziofo Teforo, di che la Natura arrichir polla ed ornar la Gioventù, farebbe moke volte irato inutile dono, e vano, fe quell’Arte, quanto in apparenza flrana, altrettanto falutare in fatti, di dare a voglia fua alcune malattie, non fofle venuta, mercè l’oflervazione, in foccorfo per confervarlo. Quante Circafle colà nell’Oriente» che fatte pel piacere dell’Univerfo^ fervir denno in un Serraglio rinchiufe a capriccj d’un folo, e diffidi Signore; e quante Belle in Inghilterra, che comandar ponno in que liberi raafchi petti il forgeie, e il variar delle paffioni, non debbon" elleno la lor fignoria, e le lor armi alla felice, ed ardita fperienza, fatta ne’ lor primi anni da indurre mano dell’Inferzione in una tenera, e dilicata pelle d’un benigno Vajolo?

Ma per non parlarvi di quel, da cui voi potrete credere, che io volefiì coglier troppo vantaggio, e per non parlarvi ne meno più della Fifica, the pare efler all’oflervazioni il campo più proprio per le loro feoperte, non fon elle a cui la Politica dee quel faggio non ideale Governo, che più belle del Sole del Mezzogiorno rende le nebbie del Nord, in cui la libertà del Popolo è conciliata colla fuperiorità de’ Grandi, e coli’ autorità del Sovrano? La Metafilica, quel perpetui bivio della Ragione, à pur loro l’obbligo d’un fiflema certo dell’origine, e del progreììo delle rtoftre idee, e noi del conofeimento di noi medeV