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Dialogo Quarto. 149

rienze che fi fono fatte intorno a ciò, PI Iorio di panneggiar Uberamente a qualunque ora tea nila dfqueito canto >~££g$ aueffco Pianeta raccolti nel foco degli ipecnj Sfto ri, e delle Lenti, benché tal volta due mila Volte pm denfi, che non lo ^no ordinammence non operarono effetto alcuno fenfibile fu corpi? ■ qu Si cedettero. Un Termometro, che e uno itrumcnto contenente un liquore, che al menomo freddo lì nflrmge, e fi dito»|^ ^ lore, non foffre alterazione alcuna nel JEoco di quelli ipecchi, allorché fono cfpoth a tWf^ Luna, Uddove efpoftì che fieno a* raggi de hoId non Vd fornace cosi ardente, che poffa ftai lo o a fronte per la prontezza e veemenzac e loro effetti; talché l’Amianto, che dalle vorac i fiamme de’ ioghi difendeva le preziofe cenci ^ dell Antichità, difender fe medetitno non puote dal Violento ardore di finiti fornaci. Egli pare che oltre all’illuminarci in tempo di notte, < e aJ iofoirar nel cuore degli Amanti un non ^ paffionato e languido, che dolcemente g l i at t uila, i raggi della Luna non abbiati qualità altra


Ecco, diffe la Marchefa, affai buone o nervazioni, che lafciano Ilare in pace i bei fiftemi, e cuarifeono il Mondo dalle paure mal fondate. A quello fpitito d’ollervazione, replicai io, noi dobbiamo l’effer guariti da molte altre ben pu importanti. Le Comete, le Colonne di fuoco, le piogeie di fangue, i fuochi tatui, tutti quelli indizj d^la colera cele Ile, non levano ora neppu