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Dialogo Terzo] 139

quefto Cembalo per effer ficure di non metterne infame di quegli, che poi {"cordino e fi facciati guerra Tua l'altro. Le malattie de' Pittori, foggi uns' io., potrebbon forfè guarirfi coti quella nuova Mufica, come già dicefi c (ferii coli' ordinaria guanti de' Mufici, e de* Ballerini.

Perchè volete voi, dìfs'ella, riftringere ne* foli Pittori l'effetto d'una eofa cosi Angolare. La Medicina troverà in lei di che accrefeer le fu e ricetre, e prolungare i fuoi Confulti. Farà però meftieri, replicai io, che in certi mali ella adoperi, come ì Coinpofìtori di Muiìea colle voci de* mediocri cantanti . Bifogna fchivar per coltoro certe note, di cui non fon troppo amici , e in alcuni mali, come nella Tarantola, rattenerfi farà duopo dallo preferiver cerri colori, per li quali il malato, che dee rifanarfi col piacere, à troppo grande abborrimento. Ma i Medici- vi penferan' effi a divertire i lor malati anco in quella nuova maniera ; noi potremo con quello nuovo frumento dar la prova alla gìuftczza di una vaga comparazione, che fu, non à molto, fatta da un leggiadro Poeta tra lo feemarfi a grado a grado e il cader della voce del non favolofo Orfeo, e il difperderfi, e mancare a poco a poco de' colori nel l'Iride. Chi fa, foggi uns'el la, fe noi non potremo ancora un giorno fare un pranfo per via d'un cembalo, e aver la Mufica delle salse?

Dette quelle cofe eifendo noi entrati nel Giardino per prender un po' d'aria, oh Dio, esclamò la Marchefa, che io veggo da lontano entra-