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132 Dialogo Terzo.
vicn dal Mare, premano da quella al mio . Quel Roberto adunque, che fi trova edere nel punto d'aria da noi fegnato , per cui pallino quelle due filze , e che è comune a tutte e due, bifognerà", che nel medefimo tempo prema e verfo il voflro occhia, e verfo il mio; il che è imponibile, s'egli è duro, come il «affai Defcarres Io fuppone; poiché non potrà giammai un tal corpo per la fhetta unione, che anno le fue parti inficine , premere nel medefirno tempo verfo due differenti lati. E quello non è ancor tutto . E* però quanto balla , dine la Marchefa , per rovinare i miei globetti , Bifogneria, foggiuns'io, che il medefimo globetto, duro com'egli è , avelie anco nel medefimo tempo due differenti moti di rotazione , quella che fi richiede per eccitar l'idea del color rotto in voi, e che fi comunica a tutta la filza, che viene dalla fopravvefla d'Achille al voflro occhio, e quei moto di rotazione che fi richiede per eccitar l'idea del colore azzurro in me, e che fi comunica a tutta la filza , che viene dal Mare all' occhio mio. Che diremo poi fe difponendo altri occhi in quella Galleria, i quali tutti abbiano per punto direttore quel m ed efimo punto, che abbiam fegnato noi due nell'aria , faremo pafTare per questo punto altri raggi, che portino altri calori, come quel dorato della chioma d'Achille , per cui Minerva Io prende, affia di calmare la funella e pròcellofa fua ira* quel verde di quella Campagna, e gli altri infiniti colori, ond' è variata quella pittura? Voi vedete aiunque, che fu p ponendo quelli voltri globetti, egli saria impossibile, che noi