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Dialogo Terzo. 131
pi t torà. Voi mi volete far’abbonire la mia i me, defìma Gaia, che mi prefenta oggetti cosi odioti. Quello non voglio io già, rifpos’io forrideudo, ma più torto che conoichiate, che ogox angolo da ieri l’altro in qua ne è divenuto Filofofico. Segniamo nell’aria un punto, a cui il volito occhio ed il mio fieno fempre indirizzati nel guardar che faremo nel medefuno tempo le varie parti, e 1 vari colon di quella muraglia. Per efempio voi mettetevi a quello pilartro, e guardate quel rotto della fopravvella d’Achille, io mi metterò a quella fine lira, e guarderò quell’azzurro del Mare, colkchè l’occhio voftro ed il mio fieno fempre direni, nel guardar che voi fate il rotto ed io l’azzurro, al medefimo punto d’aria. Egli è certo che per querto punto panerà un raggio, che viene dalla fopravverta d’AchilIe,e un raggio che viene dal Mare. Querti raggi altro non fono, come già fapete, che due ferie, o filze di globetti, che fitoccano immediatamente l’un l’altro, continuate l’una dalla fopravvefta d’Achille fino al vohYocchio, l’altra dal Mare fino al mio: e quelle due filze di globetti fi tagliano nel punto, che noi abbiara fegnaro nell’aria, e per cenfeguente in quello puntovi farà un globetto comune a tutte e due le filze. V’immaginate voi bene tutte quefle cofe? Io me le immagino beni turno, rjffos’ella, e già comincio a tremare.Acciocché quelle filze di globetti, foggtuns’io, eccitino in noi la vifioue, bi fognerà che i globetti di quella, che viene dalla fopravverta d’Achille premano da querta al vortro occhio, e i globetti di quella filza, che