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Dialogo Terzo: 121
una certa immensa volta, a cui la noftra immagtnazione rifcrifce Tempre, e attacca i corpi «letti. Ma il Cielo iilefTo all’Orizonre ci par molto più lontano di quel che ci paja quando guardiamo su fopra la noftra tetra;coficchè egli I la fctnbianza di una volta fchiacciata. Tra noi e la partedei Cielo, che è fopra la noftra tefta, non abbiati* nulla che pofla regolarci del giudicar delladiftanzadieffo; laddove all’Orizonte la lunga ferie d’oggetti frapporrà ce ne avvifa, e ce lo fa giudicar molto lontano. Donde avvien’egli che nelle pianure le diftanze ci appajon molto più grandi che ne* fui montuofi, fc non che l’uguaglianza della pianura ci lafcia vedere tutte le cofe frappone tra noi e un* oggetto lontano; non cosi le montagne a cagion della loro ineguaglianza? Nel famofo quadro di Parma del Coreggio, così male efpreiro dal bulino del per altro grande Agoftino Caracci un intrecciamento e una ferie artifìziofa di mani, di tette, e di piedi pone tra una mano della S. Caterina e la tefta della Madonna unadiftanza, che pare fi polla mifurare col tatto, e che lo rende, oltre l’altre bellezze e le altre veneri dell’arte, che vi fon tutte, il capo d’opera della Pittura. Ora per finire la noftra Ottica comparazione, noi vediamo gli Antichi attraverfo lunghe ferie di Re, d’Ira perad ori, di Confoli, di Arconti, e di tanti altri oggetti, che ce gl’in* grandifeono; e i Moderni li veggiamo tutto foli, ifolati, ed affatto abbandonati a fe medefimi, come la Luna al Meridiano i E quindi avviene che la maniera dell’affibbiarli le fcarpe degli Antichi