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110 Dialogo Terzo:
cità poi, e la picciolezza incredibile di quefli uomiccmi, ed alni animaletti veduti col Microfcopio, de’ quali un folo occhio di farfalla ne conterrebbe da ventiquattro in venticinque milioni, è una cofa che reca infinita maraviglia, e quefta maraviglia fi accrefce ancora, fe fi confiderà l’organizzazione delle dilicate loro e minute parti. Se l’occhio di una mofca, che pare una piccioli prominenza quafi che informe, 6 guarda col Microfcopio, egli apparifce non e (Ter che un comporto di mighaja e migliaja di piccioli occhi, come alcune ftelle nebulofe nel Cielo, fi vedon col cannocchiale efFer un formicaio di migliaja di picciole (Ielle. In alcuni infetti fe ne fono contati perfino a trentaquattro e più mila, ognuno de’ quali nell’eftrema fua picciolezza, un cavallino cosi perfetto, come il nolho, aveva.
Perchè non abbiamo noi, dille la Marchesa, occhi così finamente lavorati? E'* già fiato rifpoio, replicai io, a quella quifiione per la ragione che noi non fiamo una mofca. Qual’ufo, dicon' essi, di avere un tal occhio Microfcopico, di poter minutamente confiderare e vedere a parte a parte un pulce, ed efTer cieco pel Cielo? Ma il fatto fi è, che con quefli occhi Microfcopici alcune mofchc ponno veder così lungi, come la maggior parte degli uomini. Le Api genere indufinofc di mofche, de’ cui dilicati lavori noi profittiamo tanto, poflono ritornare, e Scuramente indirizzarli al loro alveario, benché a un miglio e più di diltanza, allorché fe ne tornano cariche de’ dolci tefori della Primavera. Egli pare che ciò