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To8 Dialogo Terzo".
dando questa Terra non vi avea da veder niente, che non fofle Romano; fi potrebbe ora dire cori un po’ più di verità, che guardando il Cielo, o almeno il vortice Solare, egli non vi può veder eofa, che non fia la /coperta, e la conquiih de" Tclefcopj.
Voi mi rapprefentate, ripigliò la Marchesa, questi Telefcopj fotto immagini cosi fublimi, che non fo qual figura potran fare i Microfcopj al paragone. Eccovi, rifpos’io, una norabiliffiìna differenza, che v’à tra eflo loro, nella quale io credo che quelli ultimi abbiano il vantaggio. I Tclefcopj collo fcoprire le cavità e le prominenze, o vogHam dire le valli e le montagne, che fon ne’ Pianeti, le diverfe ftagioni, eh* effi imr; o, le loro rivoluzioni intorno arie m ed eli mi, che è quanto il dire la notte, il dì, le Lune onde alcuni fono illuminati in tempo di notte; infomma coll’averceli rapprefentati affatto fimi li alla n olirà Terra, c anno ìbmminiilrato di che popolare que’ vaili ed immenfi corpi, ch’erano deferti altre volte, e trafeurati in un’angolo dell’CJniverfo, e a fulo fine di rallegrarci l’occhio li crcdeano fatti. Ma i Microfcopj c’ànno realmente fatto vedere un" infinità di viventi, che noi non conofeevamo prima, e quelli in cofè, che non fi credevano gran fatto acconcie ad efferne popolate, Jafciando da parte tante feoperte, delle quali fiam loro debitori nella Storia naturale, e nell’Anatomia. Le infufioni aromatiche, una goccia d’aceto, fono popolati d’una quantità così prodigiosa di piccioli animaletti, che l’Elvezia, e la