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xq6 Dialogo Terzo.
Eglino non fon canto da compiangere, rifpos’io, poiché il loro difetto per Io più viene in un’età, in cui e le fperanze e la convcrfazion delle Dame naturalmente mancano, etTendo quello un difetto de’ vecchi, fìccome la parola meri e firn a di Presbita lignifica. Ma v’à altri difetti ed altri incomodi nella villa congiunti ad ogni età, i quali perchè fon comuni ed univeifali, non fon polli nel numero degl’incomodi, cosi come la pazzia di penfar fempre più all’avvenire che al prefente,e di trafportare in tal modo di domane io domane la fua felicità, per efler’ella comune, non è polla nel numero delle pazzie. I Filofosi che anno un fenforio particolare per le une, e per gli altri, li feriti rono, e vi cercarono de* rimedj. L’uno fi è, che gli oggetti piccioliffimi per quanto fien vicini all’occhio, non il ponno vedere; l’altro che non fi ponno vedere gli oggetti lontaninomi, per quanto e’fien grandi: incomodi, che,come vedete, non fon fentiti dal reftanre degli uomini, che non fon cosi curiosii come i Filatori. L’uno e l’altro vien da quello, che l’immagine che fi forma nella retina degli oggetti piccioliffimi benché vicini, e de’ lontani più del dovere benché valli, non è così grande che polla fora fentire dall’occhio. 1 rimedj dunque trovati da’ Filofofi, fono tlru menti che altro non fanno, che ingrandir quella immagine, e renderla fenlibile per via di varie combinazioni di lenti, o pure anco di una fula. Quelli, onde fi fervono per veder le cofe lontane, tì chiamano Telefcùpj, o Cannocchiali, e Mie roftopj, quelli, che per discer-