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98 | Dialogo Terzo. |
nuova strada dagli oggetti all’animo aperta, dalle quali soprafatto e percosso, si ritrova, senza saper come, in un’altro Mondo trasportato. Qual rapimento, esclamò la Marchesa, e quale estasi sarebbe mai cotesta! Se tanto piacere a noi cagiona la novità, che si raggira poi sempre intorno a cose delle quali abbiamo idea, e che altro non è infine che una non più vista combinazione di quegli oggetti che già conoschiamo; quanto infinitamente maggior piacere non dovrebbe in un tal uomo cagionare un Mondo di cose realmente nuovo, e una novella combinazione di quelle idee che già d’altronde avea, con quelle che un senso di più in grande abondanza gli somministra? Ma siccome il dolce delle umane cose è purtroppo d’alcun’amaro guasto sempre e corrotto; non potrebbe egli veder ciò, che aperti appena gli occhi alla luce, bramar gli facesse di averli ancor chiusi? Gran ragione avrebbe egli di credere del novello senso amici quegli oggetti, che degli altri lo erano, e che siccome quelli, quello pure piacevolmente ricercar dovettero e lusingare. Mi non potrebbe egli tutto il contrario avvenire, talchè ciò che a toccar dolce, e dolce ad udire sembravagli, disaggradevole alla vista gli riuscisse, onde anzi di accrescergli de’ piaceri il numero, i più sensibili quello novello senso gli levasse, e qualche dolce legame dagli altri stretto scortesemente disciogliesse?
Pur troppo, rispos’io, costoro il più delle volte non van d’accordo insieme. E a quanti non avviene tutto dì, che giudicando infine non più