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96 | Dialogo Terzo. |
sieme, e di camminare ad occhi chiufi per queste stanze con quefte due canne innanzi Non v’à 1 dubbio, ciré quelle cofe, che voi fentirete con quella canna, che avere nelJa man defrra, e che per mezzo di effàvi premeranno la medefima nMto0 ddh ’a, voi direte eiTere a fìniftra, e umilmente quelle, che fcntirere coli’ altra, che avere nella mano finiiha, direte effere a delira. Nella meddima maniera incrocciandofi i raggi che dagli oggetti vengono al fondo dell’occhio W umor enfia lino; quelli che premono la retina dalla parte deftra vi fanno rifenre i punti, dond’effi vengono alla parte fìniftra, e quelli che Ja premono dalla finillra, alla deftra; e così quelli che vengono a premere le parti fuperiori dì ella, vi fanno riferire i fopradetti punti alle parti infenori e quelli delle inferiori, alle fuperiori E per tal modo quell’immagine, che nella voftra retina fi dipinge al rovefeio, vi fa vedere gli oggetti diritti.
In verità, disse la Marchesa, che quella spiegazione e ingegnosa. Perchè non potremmo noi tenerci ad efla, che ci dà una ragione immediata W q netto fenomeno feri za cercarla altrove > La Ipenenza foggiuns’io, ci fa per ifvcnrura vedere,
eh ella non e che ingegnofa. Un fanciullo, ctie ii tenga Mpkfo co’ piedi in alto, vede ogni cofarovcfcio, benché l’immagine degli oggetti efterni Ridipinga rifperio ad effi fullafua retina, n elio ite fio modo appunto, quand’egli è in quefta luuazione, che quando ordinariamente fi uen diritto fu’i piedi. Altra idea non â egli di alto e