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92 Dialogo Terzo.

Ecco tutta l’Ottica,: di’dla potè aver da me te mattina. Il dopò jpranfbielU afpettava, ch’io incornine l’affi in quella maniera, che farebbe un’Jmzrsto, a cui grandi e nàfcofì miflerj fvelar fi do veliero Alla line non fattili voi contenta, incominciai io, per intender come con due occhi noi vediamo un folo oggetto, di dire, che noi realmente vediamo con un occhio folo, e che l’altro in tanto fta in ozio, e li ripofa? Egli è meglio, difs’elta, che voi ci facciate guerci alla beila puma, e allora non vi farà più di incolta alcuna. io amerei egualmente di dire, che noi" camminiamo con un ibi piede. Voi fiere più diicreta, rifpos’io, di un Poeta Latino,, che dice, die le Dame amere bbono tanto di avere un folocchio, quanto un folo Amante. Ma quella ftrana fpiegazione, che fu però data da qualche grave. Filofolb, e che in gran parte accorda colla prefunzion Cfncfò, figlie amendue dell ignoranza, che tutte le Nazioni, fuorché laloro, veggano con un’occhio folo; vi farà almeno leu tir fa diiScohà, che a feiogiier quelb nodo s’nuoMtiMoo. Fece un’altro de’ nervi ottici due, Ipeetc di liuti a vane corde, che frcorrifpondono nell’uno e nell’altro, talché le due immagini dell’oggetto cadendo in corde egualmente refe, o uniffònc, egli dc^ba vederfi’femplice Ma tutte queste belle’, e ingegnose spiegazioni non vi render ari’ niente più dotu dell’Huygens. Io credo, che la vera ibicgazione di quello diffidi fenomeno, come molte altre cofe nel vedere coìì dia pure dalla iperiemza dipenda. Il senso