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410 | il cartesio |
pur lontano dal poter mettere insieme un sistema col picciolo numero di verità che aveva in capitale; l’altro non voleva che niuna cosa fosse in sé tanto astrusa, che il suo ingegno non valesse a distralciarla1 e la maggiore difficoltà che in ciò fare egli trovasse era di trascegliere il più conveniente tra tutti i modi, onde da’ suoi principi la spiegazione deducevasi della medesima cosa2.
Qual fine facessero i sistemi, o vogliam dire le ipotesi, di questo cotanto animoso filosofo è superfluo il domandarlo; e a tutti è oggimai nota la prova che han dato i vortici, che sono la molla maestra, lo ingegno dominante in ogni parte del mondo cartesiano. Per quanto abbiano sudato i geometri francesi, per quanta tortura abbiano dato ai calcoli i più grandi geometri forestieri invitati dai premi della Accademia di Francia, per assestare colla teoria de’ vortici i moti reali dei pianeti, vani riuscirono tutti i loro sforzi. Per mantenergli in cielo avrebbe bisognato ammettere le più strane cose del mondo, le più contrarie tra loro. A segno che uno de’ più celebri difensori che abbiano avuto, l’illustre Bulffingero, ebbe a confessare ch’egli si aspettava che coloro che gli negavano, gli avrebbono negati più che mai atteso appunto la maniera onde da esso lui venivano difesi3. E quasi tutto ciò non avesse bastato a torgli del mondo e a finirgli, vennero anche le comete, come ben sa ognuno, in aiuto. Movendosi liberamente per ogni verso e in qualunque direzione intorno al sole, mostrarono senza tanti calcoli e quasi al senso la insussistenza di quella vastissima mole di materia che secondo il Cartesio muove da occidente in oriente intorno al sole,
- ↑ «Deinde animo revolvens omnia obiecta quae unquamsensibus meis occurrerant, dicere non verebor me nihil in iis observasse, quod satis commode per inventa a me principia explicare non possem» : in Dissertatione de Methodo, VI.
- ↑ «Sed confiteri me etiam oportet, potentiam Naturae esse adeo amplam ut nullum fere amplius particularem effectual observem, quem statini variis modis ex iis (pricipiis) deduci posse non agnoscam; nihilque ordinario mi hi difficilius videri, quam invenire quo ex his modis inde dependent» : in Dissertatione de Methodo, VI.
- ↑ Vedi Maufertuis, Figure des astres, chap. III.
rerum ab eo creatarum explicationem deducere conemur, ut ita scientiamperfectissimam, quae est effectuum per causas, acquiramu» : Princip., p. I, parag. XXIV.