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che da grassezza procedono. Come è detto bene! Ecco il corpo scarno, quasi diafano e dentro l'anima pingue. Sì, va bene! Mi sono venuti in mente i monaci di Fonte Avellana come li descrive Dante, perchè quella descrizione di cibi pur con liquor d'ulivi, quell’accenno al lieve e quasi inavvertito trascorrere delle stagioni, contiene non so quale voluttà di perfezione claustrale; come una vita in sogno, come una vita musicale, come una vita che sfiora appena la terra.

Certo che questa astinenza non è compatibile con la compagnia della donna! Un signore che per amore di non so quale perfezione, aveva determinato di non mangiare più carne né assaggiare droghe, si sentì dire dalla moglie: «O tu torni alle bistecche, o io ti pianto».

Ed è curioso il ravvicinamento tra quella che i vecchi medici — non sapendo come chiamare — chiamavano materia peccans, cioè la cagione delle malattie corporali; e il diavolo, il quale per questi teologi è la cagione di tutte le malattie dello spirito.