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:: | Pietro Metastasio mi parla | 163 |
Nice. Falso amore, falso mirto, false lacrime, falsi sospiri!».
Io stavo per buttare anche il Metastasio sul letamaio, quando mi parve che egli sorridesse di un largo sorriso tra i bei cannelloni della parrucca, e parea domandarmi: «Perchè?».
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Egli sedeva ad un grande organo, e premendo le mani adorne di bei pizzi, faceva dalle lucide canne uscire nitidi suoni. Mutava registro, ai sospiri alternava la gioia. Una dolce sonnolenza, un caro languore si stendea per i boschetti d’Arcadia. Era la canzonetta, ma questa musica pur la capivano a Vienna come a Parigi.
Erano eroi di cartone dorato, ma pure era il dono postremo del genio di Roma.
Era la virtù degli imparruccati signori di Vienna, signori antipatici; ma anche il magniloquente Danton e il virtuoso Robespierre non sono simpatici.