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:: | Ulisse e Circe | 107 |
vettiva di costui contro i re si muta in doloroso pianto.
Eppure Tersite non ha torto quando inveisce contro i re e li chiama divoratori di doni! E con tutto questo Ulisse mi piace!
E Ulisse, l’eroe, mi richiamò in mente anche Circe e la greggia dei porci mansueti: e ricordai lo stupore che, un giorno, mi colse quando, in fondo alle paludi pontine, mi fu indicato un monte, e mi fu detto: «Quello che voi vedete laggiù, è il promontorio Circeo».
Quel monte aveva forma di varie cùspidi, e pareva, nella lontananza, una corona regale, azzurra, impressa nel più tenue azzurro del cielo.
Colà, dunque, approdò l’eroe; e questa terra ne conserva la memoria per questa sua desolazione. Là, dunque, sorgevano sul mare i palazzi della divina Circe, la figlia del Sole!
Divina idiota! Il cieco Omero l’ha veduta; e dice che essa ha il crine ricciuto,