Nè potea stretta dell’error fra il laccio
Altramente pensar, finchè benigna 549Grazia del Ciel non la togliea d’impaccio,
Svelando a lei, che il putrido, che alligna
Germoglio in essa di desir perversi, 552La rendea torta, e in giudicar maligna:
Chè nel pregio, in cui dee la vera aversi
Gloria, troppo di Dio, che ben l’apprezza, 555Sono i pensier da quei dell’Uom diversi;
E che argomento illustre è di certezza,
Che un Dio morì, perchè fatto sì grande 558Al mondo menzogner sembrò stoltezza;
Mentre il chiaror qualunque sia che mande
L’Onor caduco, innanzi agli occhi eterni 561Notte invece di lume orrida spande.
La cagion venenata, onde gl’interni
Moti dell’Alme infetti furo e guasti, 564Acceca or quei, che in noi bestemmie e scherni
Vibrando errar sul verde argin mirasti,
Che di vertigin nova ebbri e d’antica 567False credon le vie, che tu calcasti;
E accusan di follia color, che amica
Fede condusse del difficil Colle 570Sovra la falda sterilmente aprica:
Ma spento in morte quel che in essi bolle
Di tenebrate idee vapor condenso, 573Vedran, colpando il desío lor di folle,
Che una mente, cui dato è il dono estense
D’accoglier Dio, da lui se si divide, 576Tanto vota divien, quant’egli è immenso:
E in vacuo sì crudel s’agita e stride,
S’adira, e piagne invan, chiamando tardi 579Pietà, che torva al suo dolor sorride.