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quarta 65

A che t’alzi cotanto, o enfiata polve,
     Se invincibile ognor hai vento al fianco
     318Che ti rispinge a terra, e ti dissolve?
Coi tetri simulacri entraronmi anco
     I tristi carmi al cor, sì ch’io divenni
     321Smarrito e in umiltà pavida bianco,
Finché al termin del ponte infausto venni,
     In cui d’atro scheggion sovra il pendìo
     324Tai rilevate in fuor note rinvenni:
Stolto è pensier, che il gran Figliuol di Dio
     Sen gisse a morte inonorato e lasso:
     327Creder dunque forz’è ch’egli morìo.
Lo strano argomentar scritto in quel sasso
     L’intelletto, che in sé il volgea, confuse
     330Fra maggior notte, e mi sospese il passo.
Ma lo stupor, che a me le labbra chiuse,
     Alla Guida le aprì, che gridò: Segui
     333Il cammin, che la Fede a te dischiuse
Fra gli error tuoi, finché il tuo piede adegui
     L’obbietto suo; chè in breve fia che questo
     336Nuvol d’oscure idee ti si dilegui.
Allora cominciai del colle mesto
     A valicar la tortuosa via
     339Rasante il corso del fiume funesto,
Donde i fioriti margin io scoprìa,
     Su cui vagando in affannoso moto
     342Densa turba il fallace Onor seguìa;
Ma d’acquistarlo il modo erami ignoto,
     Nullo scorgendo in quegli erbosi lidi
     345Obbietto altier dell’ingannevol voto.
Quando levati gli occhi al cielo io vidi
     Corone aurate, e immarcescibil serti,
     348Che librati a diritto esser m’avvidi