Che in braccio surse d’Umiltate, e degna
Fu, che a lei serbi dopo l’onte acerbe 285Nome immortal chi eternamente regna.
L’esterne ripe, in cui tra i fiori e l’erbe
Celansi ingrati al piè triboli ciechi, 288Ingombre son dall’Anime superbe,
Che fede non allumi, o colpa acciechi;
E queste vanno alla riviera intorno, 291Tinte d’invidia ria gli sguardi biechi,
Qual se lor fosse l’altrui gloria scorno,
Finchè ingorde d’onor, di pace nude 294Le perda nell’obblío l’ultimo giorno.
Ma vieni. Il monte, ch’entro sè racchiude
L’Alme pie, quelle ancor fia che ti scopra, 297Che cercan fama ove non è virtude.
Tacque; ed io m’avviai veloce sopra
I curvati archi entro quell’acque, e scolti 300Le scabre sponde con rozzissim’opra;
Chè non gl’ingegni a saziar più colti
Le ammorbidì scarpello, anzi le incise 303Con util modi, e accortamente incolti.
In orribile mostra il Fabbro mise
I trionfi di Morte, e i Duci, e i Regi, 306Cui le orgogliose teste ella recise,
Nè gli empj sol, ma i Regnatori egregi;
Perchè i vani ostri a paragon de’ veri 309Oltre misura il successor non pregi.
Orator sommi, e Vati al voi leggieri
Fervido, e illustri Donne, e in nobil’arti 312Chíunque gloria avidamente speri,
Scoprían ne’ corpi infracidati e sparti
L’amaro fin, che il tutto in cener volve; 315E impresso ivi leggeasi in mille parti: