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quarta 61

Te dai colli di Felsina disgiunse
     Divina forza, per cui dentro ignote
     186Terre il tuo piè fuor del suo scopo giunse;
Né in questi sacri al ver luoghi mai puote
     Uom penetrar, bench’egli abbia agli scarchi
     189Fianchi le piume di torpedin vote,
Se il torrente fatal, che tragge carchi
     D’ingorde brame i vorticosi affetti,
     192Ei pria non urti arditamente e varchi.
Tu il superasti; chè al tuo scampo eletti,
     E inaspettati Dio modi t’offerse,
     195Che avresti, s’ei non ti reggea, negletti.
Or questo, che sì angusto a te s’aperse,
     Di salute è il cammin, che di faville
     198Crescenti ognor la viva fede asperse.
Tu, più che a lei t’appressi, a mille a mille
     Scorgi dintorno a te le sue vittrici
     201Del tenebroso orror faci tranquille;
Ed al tuo Spirto invan fra i rei nemici
     Il più reo di sé stesso il cieco amore
     204Annebbia i semi di ragion felici,
Ch’essa coll’iterar il suo splendore
     La notte fuga insidiosa, e veste
     207Di più fermo vigor l’incerto core.
In così dir Egli movea le preste
     Leggiadre piante, ed io il seguia su l’orme ,
     210Che ne lasciava levemente péste:
E ben sentìa dal torpor mio disciorme
     Al rinforzar dei raggi, e ai detti sacri
     213Rinascer dentro me lena conforme.
Per gli strati di sabbia arida macri,
     Che rendean i sentier dell’ima fossa
     216Fra ghaja acuta disastrosi ed acri,