Fronte la doppia fune, ond’era cinto;
E muggía d’ira, che del tronco a lato 54Dall’intrecciata corda ei fosse vinto:
Stretto ivi forse fu da sconsigliato
Arator che da folte acque sorpreso 57Tentò un sentier per esplorar se dato
Scampo a lui fosse a ricondurlo illeso
Su qualche ripa, e cadde all’urto grave 60Del fier torrente in fondo ai gorghi steso.
Poichè vicin mi vide, ei colle cave
Fumose nari il petto mio sì spesso 63Fiutò, guardando ad or ad or la trave
Con vive barbe al suol fitta, che in esso
Ben conobb’io per quelle rozze e mute 66Preci il desío di libertade espresso.
Speme in me sorse allor, ch’ambo ne ajute
L’alterna opra, e il periglio, e che il suo sciolto 69Laccio esser deggia ad ambi insiem salute:
Ch’io per esso esca fuor dal bosco folto
Su le vie certe, e dalle rapid’acque 72Col nuoto, ove il varcarle al guado è tolto.
Questo pensier nell’improvvisa piacque
Sorte avversa al mio cor, perchè non mai 75Fra mille che nascean questo in me tacque.
Quindi il toro dal fermo arbor slegai;
Ma il raddoppiato, e fra le corna intorto 78Canape nella man stretto serbai.
Ei mosse; ed io con lui pavido e smorto
Scorsi l’inestricabile foresta 81Per calle or ampio, ed or angusto, e torto.
Valicai late conche, in cui s’arresta
Pei labbri alti grossa onda, e in macchie nove 84E in nuovi rivi d’acqua a sfuggir presta