Che verdescuri i più vicini, e chiari
Offríansi a me i lontani, indi gli estremi 21Azzurri, e in vetta fra di lor non pari.
Illanguidíro intanto i rai supremi
Sotto il vel fosco dell’umida sera, 24Che incerti fea, perchè di lume scemi,
Gli obbliqui calli; ed io smarrii la vera
Traccia, e confuso m’aggirai più volte 27Per l’ingombra di boschi ampia riviera.
Dall’altissime balze alfin le sciolte
Acque precipitáro entro al torrente, 30Nel gran pendío romoreggiando folte
Fra svelti massi e tronchi, e fra stridente
Vento, che sorto fuor con non mai stracche 33Ali dai cupi antri dell’Alpe algente,
Curvò de’ vinchi le vermene fiacche,
E de’ ginepri le spinose piante 36Torse, e ne scosse le odorate bacche.
Io, cui morte si pinse agli occhi avante,
Ritentai mille fra l’arene e l’onde 39Modi per trar d’impiglio il piede errante;
Ma mille intorno a me nuove e profonde
Vie s’apersero i flutti, e al passo ardito 42Fér ambe inaccessibili le sponde.
Quindi il timor mi spinse ove un muggito
Lamentevol, che uscía dal pian selvoso, 45Rendea sonante raucamente il lito.
Il replicato frombo, e il luminoso
Raggio, che apparve del minor pianeta 48Nel terren per le selci aspre scabroso,
E pe’ bronchi, mi fur scorte alla meta.
Colà ad un ceppo annoso un toro avvinto 51Mirai, che dibattea coll’inquíeta