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terza 51

Mentre, perchè un destin Dio svolga e muti,
     D’uop’è che a un altro ottimo allor s’appigli,
     549E quel, che pria miglior parve, rifiuti:
Quindi avverrìa, quand’Esso un ordin pigli
     Nuovo di ragionar, che in sua ragione
     552Manchevol fu co’ primi suoi consigli:
E l’Ente appien perfetto ognor dispone
     L’ottimo in sè destin col suo prim’atto,
     555Cui mai null’altro a quel contrario oppone;
Talchè in mente di Dio rimane intatto
     Alla pietade il corso e alla vendetta,
     558E co’ giusti e co’ rei l’eterno patto.
Nè da sua libertà somma tu aspetta,
     Ch’Ei liber anche in non voler proveggia
     561Alla sorte immortai dagli empj eletta;
Poichè il voler, con cui Dio vuol, pareggia
     Pienamente il voler, con cui non vuole,
     564Nè avvien che questo vincer quel non deggia.
Qual se duo corpi d’egual forza e mole
     E peso opposti urtano stabil rota,
     567Sta immobil questa in sè, com’esser suole;
Tal nel voler di Dio, che volle, immota
     Sta su gl’iniqui la lor pena eterna,
     570E null’altro voler v’ha che la scuota.
Or tu più saggio i tuoi desir governa,
     E a tríonfar del breve duolo impara,
     573Che provi al cor guerra movendo interna:
E ben posporre in vigor sommo rara
     Doglia tu dei di corti anni agitati
     576A un’infinita, ancor che poco amara.
Che se un rettangol fingerai, fra i lati
     Di cui siedano mille ampie montagne,
     579Grande ci sarà, ma fra confin segnati;