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terza 49

Ma dove, dove è Dio, che non mai snerba
     Le pene, in cui senza perir mi struggo?
     483Dov’è il crudel, che in me l’impeto serba,
Che a lui mi spinge? Io tento, e nol distruggo
     Col mio furor; ma in sempre alterna voglia
     486A lui tendo, odio lui, lo cerco, e il fuggo.
Deh! chi sarà, che dal mio cor discioglia
     L’ingordo verme, e dalla fronte afflitta
     489L’orme delle lustrali acque mi toglia?
Che se la fiamma è a chi già errò prescritta,
     M’agiti pur con invincibil lena
     492L’Alma da Dio, che la creò, trafitta;
Ma non m’accresca ardor in ogni vena
     La Croce, e il Serpe almen non mi rammenti
     495L’eterno mio delitto e la mia pena.
Disse; e il manco afferrò braccio co’ denti
     Rabida, e il morse: ed io fisando in lei
     498Gli occhi per l’atto fiero ancor più intenti,
E nell’amara storia i pensier miei,
     Con subito sclamai grido affannato:
     501Oimè! ch’io ti ravviso: oimè! Tu sei...
Ma una vampa scorrendo alta al mio lato
     Strisciò, mi spinse addietro; e fra lo strano
     504Lampo e il caldo ai miei rai fumo vibrato,
E il suon delle rasenti il ferreo piano
     Porte in serrarse, io cieco, e in me confuso,
     507Dammi, udii replicar, dammi la mano;
E la mia man al caso offerta in chiuso
     Pugno fu stretta, e allor sentii levarmi
     510Con tal vigor velocemente in suso,
Che nullo in mente ordin potei serbarmi
     Di via, di tempo; e alfin mi vidi assiso
     513Della scala, ond’io scesi, all’orlo e ai marmi.