A questa in sì gran lutto Anima oppressa
Rivolse il Duce mio lo sguardo, e disse: 384O tu, che immenso affanno apri in te stessa,
Nel Nome dell’Uom-Dio, che per te visse,
Per te indarno morì, dimmi qual cieca 387Voglia rea tanto danno a te prescrisse.
Ella chinando ad onta sua la bieca
Faccia in udir il sacrosanto Nome, 390Che pace ai Giusti imperturbabil reca,
E agli Empj aggrava le dogliose some,
Divise, e alzò cogli abbronzati diti 393Le sparse sovra gli occhi ignite chiome,
E sì rispose: Ah perchè mai m’inviti
A dir quel, che a cui dir dovea lo tacqui, 396E la mia piaga in favellar m’irríti?
Di chiaro sangue unica prole io nacqui,
E in forme di beltà sì elette crebbi, 399Che a mille cor gentili, ahi! troppo io piacqui.
Fiamme in essi vibrai, nè da lor bebbi
Mai scintilla d’amor, che grata, e sola 402Cura, che altrui dar legge, altra non ebbi.
Ma ratto in nebbia il vano orgoglio vola,
Ed il cader nel suo già teso laccio 405Debita è pena al predator, che invola;
Misera! il sen, che mi parea di ghiaccio,
Arse improvviso ai lusinghieri sguardi 408D’obbietto vil, che vergognando io taccio.
Con languida onestade ai primi dardi
Resistei lieve, e allor che scudo opporre 411Più saldo volli, inutil era, e tardi;
Perchè Amor, che fuggir deluso abborre,
S’annidò in me più arditamente fermo 414Di fier nemico entro espugnata torre.