Non tanti han gli animai velli aspri ed irti,
Quante arder vidi Alme, e cader nuov’Alme 318Fra il golfo acceso, e le focose sirti;
Chè benchè sciolte dall’estinte salme,
Pur parean per mostrarmi il sommo affanno 321Aver corpo, e agitar l’anche e le palme.
Ivi altri a par di questi ardenti stanno
Golfi, ove i rei soffron d’atroci e vari 324Delitti varia pena, ed egual danno;
Ma gli occhi a tanta immensitade impári
Fisai solo là, dove han l’Alme impure 327Del già dolce piacer frutti sì amari.
O caos perpetuo! oh spirti avvinti in dure
Catene! oh fiamme ultrici! oh inferni, e bui 330Regni sacri alle Furie, e all’Ombre oscure!
Di quel, cui, lasso! spettator già fui,
Voi rinnovate al cor l’immagin tetra 333Sì ch’io la pianga in queste carte altrui.
Cinti non sol da foco aspro, che spetra
Ove arde, eran color, che in sozzi studi 336Visser cangiando il cor protervo in pietra;
Ma in tutti penetrava i membri ignudi
Fiero incendio, maggior di quel che strugge 339Il ferro, che sfavilla in su l’incudi;
E fornace parean chiusa, onde fugge
Di fuor scintilla e fumo, e oppresse tiene 342Vampe alte, e dentro sè mormora e rugge:
Tal che di fuoco eran grondanti e piene
Le viscere, e sconca bollente il sangue, 345Come squagliato bronzo, entro le vene;
E il pianto, che non mai ristagna, o langue,
Qual fusa pece, in giù stillando giva 348Per la lor faccia immortalmente esangue,